La due giorni di risultati e di esperimenti “alle frontiere dell’Intensità”. Giovedì 6 dicembre, alle ore 15.00, nei laboratori del Dipartimento di Bioscienze e Territorio a Pesche (IS).
Venerdì 7 dicembre, dalle ore 8.30 nella Sala “Enrico Fermi” della Biblioteca di Ateneo in Viale Manzoni a Campobasso.
Scienziati di sette paesi oltre all’Italia e quelli di tre laboratori Americani del Dipartimento dell’Energia, il Fermilab, Brookhaven e Argonne, insieme a più di una dozzina di Università degli Stati Uniti d’America stanno collaborando a un nuovo esperimento di fisica che sta raccogliendo dati per esplorare le proprietà fondamentali della materia e dello spazio.
L’esperimento “g-2” (pronunciato “gee minus two”) è un’indagine alle frontiere dell’Intensità, l’Intensity Frontier un programma del Fermilab di Chicago, laboratorio Americano intitolato ad Enrico Fermi. Invece che cercare di produrre particelle pesanti negli urti tra protoni energetici come avviene al CERN in questo esperimento i ricercatori tentano di scrutare nel mondo subatomico per cercare particelle pesanti nascoste nel vuoto dai loro effetti rari che si manifestano raccogliendo un numero spaventosi di eventi simili per misurare variabili sensibili alla loro presenza.
L’esperimento utilizza il complesso acceleratore del Fermilab per produrre un intenso fascio di muoni, gemelli pesanti dell’elettrone, che viaggiano quasi alla velocità della luce. Lo scopo è di determinare con precisione il valore di una proprietà conosciuta come g-2 del muone.
Come il suo gemello leggero elettrone, si comporta come un magnete rotante. Il parametro noto come “g” indica quanto è forte il magnete e la velocità della sua rotazione. Il valore di g è leggermente maggiore di 2, da cui il nome dell’esperimento. Questa differenza da 2 è causata dalla presenza di particelle virtuali che appaiono dal vuoto e poi rapidamente scompaiono nuovamente in esso.
Dalla misurazione di g-2 ad alta precisione e dalla discrepanza del valore da quello teorico si arguisce la presenza di particelle subatomiche non ancora scoperte. La struttura dell’esperimento è un grande anello magnetico a superconduzione nel quale i muoni prodotti dal grande acceleratore sono catturati e orbitano sino a decadere generando in un modo complesso che è difficile riassumere in queste poche righe, il segnale capace di smascherare le particelle nascoste.
 
In piena presa dati, la Collaborazione “g-2” ha deciso di indire un mini congresso dedicato a fare il punto dell’apporto Italiano all’Esperimento presso l’Università del Molise che lo ospiterà nelle giornate del 6 e 7 dicembre.
Il prof. Graziano Venanzoni, il prof. Franco Bedeschi, Nath Atanu, Mathias Smith e molti altri saranno accolti dal prof. Giovanni Musci, Direttore del Dipartimento di Bioscienze e Territorio di UniMol che annovera ben quattro, tra docenti, ricercatori, dottorandi e studenti, componenti del gruppo di studio scientifico internazionale.
Nelle Foto il prof. Graziano Venanzoni, Operation Manager dell’Esperimento e capo della comunità Italiana, insieme con altri collaboratori Italiani delle Università di Napoli, Pisa e del Molise.

Il prof. Giovanni Piacentino, Dipartimento di Bioscienze e Territorio UniMol

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